Questo 2020 (ventiventi) può essere ricordato per la calamità epidemica/pandemica Covid-19.

Centinaia di migliaia di vite spezzate alle quali si sono aggiunte ulteriori vittime ossia le imprese. Un danno sociale ed economico che pone alcuni interrogativi. Le nostre imprese comunemente definite resilienti, possono rimanere tali anche in presenza del Covid-19? È possibile tracciare un percorso che consenta all’impresa di preservare la sua condizione di continuità anche se spettatore passivo di un evento esogeno non controllabile come il Covid-19? Domande che richiedono risposte apparentemente faziose ma che in realtà possono essere guida nello stabilire un approccio idoneo a preservare la continuità aziendale e la capacità dell’impresa di essere resiliente. In un periodo di grandi cambiamenti e incertezze, si avverte la necessità di ridefinire la pianificazione della continuità in ragione di un evento straordinario di grande rilevanza. Questo scritto si prefigge di offrire alcuni spunti di riflessione sul ruolo strategico della pianificazione nel preservare la continuità aziendale ai tempi del Coronavirus perché il commercialista non è solo il fiscalista ma deve essere anche l’alleato per creare valore per la tua impresa.

Il grande problema delle PMI italiane è relativo alla loro scarsa produttività per addetto.

Incrementare la produttività significa investire in proprietà intellettuale (marchi, brevetti, ecc), know-how, tecnologia e gestione dei talenti.

Un’azienda ha successo perché è progettata per avere successo. Un’azienda di successo consiste in un insieme di “RISORSE” sviluppate e usate in modo efficiente: un insieme di proprietà intellettuali, capitale, cultura aziendale, talenti, leadership e innovazione.

Un’azienda ha bisogno di un insieme di qualità che funzionino tutti a un livello eccellente perché generare il massimo valore. Tutto deve tendere ad un continuo miglioramento dei risultati.

Probabilmente sarà anche necessario “guardare oltre i confini della propria impresa” ed iniziare a ragionare non più solo in termini di impresa ma anche di ecosistema in cui l’azienda dovrà imparare a crescere e a collaborare.

Il grande pericolo del tornaconto immediato

Uno dei principali errori delle PMI è quello di concentrarsi sull’incremento di fatturato e sulla riduzione dei costi in ottica di breve termine. Assumendo una mentalità da conto economico, prendendo in considerazione soltanto le entrate e le uscite senza pianificare a sufficienza e senza provare a ragionare in termini di creazione duratura di valore.

Difficilmente si mette in discussione l’attualità del progetto aziendale, si analizza il settore ed i suoi cambiamenti (opportunità e minacce). Soprattutto non ci si domanda se abbiamo le risorse giuste per competere.

Per questo la consulenza fornita da Studio Ingenito si concentra, a differenza di altre, sulla creazione del valore  per l’impresa.

Definizione di risorsa aziendale

Risorsa aziendale è qualunque cosa renda unica l’azienda e sia capace di continuare a generare valore anche in assenza di una particolare persona. Un piano di formazione dei dipendenti, un software o un ebook ad esempio sono una risorsa, si possono usare online, trasferire come un file e il costo per la loro riproduzione una volta che sono stati creati è irrisoria.

Differenza tra risorsa e strumenti

Gli strumenti da soli non faranno crescere le vostre aziende.

Le risorse aziendali devono essere uniche ed esclusive. Gli strumenti invece sono a disposizione di tutti. Un’azienda con risorse importanti avrà successo anche utilizzando strumenti basici. Impossibile il contrario.

L’ossessione per gli strumenti.

Il principale rischio delle aziende in difficoltà è di essere ossessionate dagli strumenti.

Compito dell’imprenditore è quello di creare risorse e solo dopo nel cercare degli strumenti per valorizzarli e comunicarli.

Pianificare per affrontare le sfide dei prossimi mesi

I prossimi mesi ci vedranno impegnati ad affrontare sfide difficili.

È necessario pianificare fin da subito ed implementare nuove strategie per ridisegnare e mettere in sicurezza l’impresa. Il dialogo tra l’imprenditore ed i suoi consulenti in questa fase sarà determinante.

La storia ci insegna che il decorso di una pandemia è intermittente, dura in media 800 giorni e i suoi effetti non sono propriamente collaterali (Honigsbaum, 2020):

– carenza di domanda dei prodotti e dei servizi,

– carenza di liquidità,

– personale spaventato e demotivato,

– assenteismo,

– carenze di abilità nel risanare l’impresa,

– allontanamento dalla mission.

 La centralità del business plan

Il presupposto per intercettare con efficacia e tempestività la crisi è privilegiare le prospettive aziendali e pertanto la disponibilità di dati prognostici: disporre di un piano è il primo requisito della diligente conduzione dell’impresa poiché:

  • solo dal piano emerge in modo inequivocabile la continuità aziendale;
  • è solo il piano che permette di individuare con ragionevole certezza la sostenibilità del debito;
  • è il piano che fornisce all’organo amministrativo le informazioni che consentono ex ante di misurare il fabbisogno finanziario e le risorse disponibili per la sua copertura;
  • è solo il piano che consente di individuare le azioni da adottare per correggere tempestivamente la rotta.

Il piano costituisce insomma il più efficace assetto organizzativo di governo finanziario dell’impresa e di tempestiva rilevazione del rischio di crisi aziendale. Di modo che è opportuna l’introduzione di un controllo di gestione atto a consentire un ordinato ed efficace processo di redazione del piano per il monitoraggio dell’andamento aziendale e dei flussi finanziari; mentre per il monitoraggio degli aspetti finanziari (rendiconto) e dei flussi di cassa di breve periodo è utile l’impiego di budget con orizzonte temporale annuale e piani di tesoreria.

È lecito chiedersi se in futuro assisteremo a una seconda ondata pandemica? O una terza? Domande che ovviamente non facilitano le attività di pianificazione. Il problema è che il pianificatore non ha un calendario rigoroso e attendibile sul quale sviluppare un piano.

Un approccio utile è quello di dare uno sguardo ai numeri delle epidemie/pandemie nel passato; solo in questo inizio secolo abbiamo assistito allo scoppio di numerosi fenomeni: “Malattia della mucca pazza” (2001), “SARS” (2002), “Influenza aviaria (2005)”, “Influenza suina” (2009), “Ebola” (2013) e oggi anche il “Covid-19” (2020).

Un quesito importante è se l’evento pandemico vedrà l’azienda agire in modo “reattivo” o “proattivo”.

La differenza risiede nell’approccio adottato dalla governance d’impresa davanti a una situazione problematica da risolvere.

Il pensiero reattivo può sintetizzarsi nella seguente affermazione: «Non posso farci niente. Non dipende da me»; viceversa, l’approccio proattivo può riassumersi con la seguente affermazione: «Consideriamo bene le alternative. Mi assumo la responsabilità». Il pensiero passivo che domina l’impresa reattiva è preludio alla inadeguatezza e alla sconfitta.

L’organizzazione proattiva è quella che ha acquisito, sviluppato e coltivato la “consapevolezza situazionale”. La consapevolezza situazionale consente all’impresa di mettere insieme i molteplici e complessi tasselli (informazioni) di un mosaico idoneo a rappresentare, in maniera statica o dinamica, la situazione dell’azienda; un vero e proprio stato di grazia che vede l’impresa sviluppare idonee strategie di emergenza, modificabili e adattabili work in progress.

Monitorare le agevolazioni

L’imprenditore dovrebbe costantemente monitorare le agevolazioni previste dalla normativa su startup, innovazione, industry 4.0, crediti di imposta e benefici contributivi.

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